Spesso ci chiedono che tecnica usiamo nell’educazione, ma non è facile dare una risposta precisa, nè credo si possa ridurre il significato di questa parola ad un unico metodo. Educare deriva dal latino ex-ducere, che significa portare fuori. Quindi, più che formare un individuo come comunemente si pensa, significa rafforzare la sua personalità, valorizzare le sue doti naturali, fortificarle ma nello stesso tempo renderle equilibrate, disciplinando gli eccessi e colmando eventuali lacune. Nello stesso tempo significa anche creare un soggetto relazionale, capace cioè di interagire positivamente con l’ambiente circostante e con gli altri individui. Più che di un metodo, parlerei di un approccio cognitivo-relazionale: la persona deve porsi in ascolto dell’Animale considerando la sua diversità e alterità, e ricercando la sua vera natura che è quella di essere senziente dotato di una mente e in grado di prendere decisioni. Il cane quindi non come strumento o oggetto di cui disporre a proprio piacimento, ma nemmeno in un’ottica di puro pietismo o assistenzialismo. In questo modo si potrà costruire una relazione rispettosa ed equilibrata, tenendo conto delle differenze specie-specifiche. In virtù di questo rispetto per l’animale, viene ovviamente bandito nel processo educativo, qualsiasi ricorso alla forza e a mezzi coercitivi quali ad esempio collari con le punte, a strozzo, elettrici, percosse di varia natura ecc.
Risulta anche evidente che certi comportamenti del cane non possono essere spiegati come pura reazione automatica di fronte ad uno stimolo esterno. Tra uno stimolo ed un comportamento infatti, si interpone una interpretazione cognitiva dello stimolo, che ha le sue basi nei pensieri e nelle convinzioni dell’animale e solo lavorando sulle sue emozioni e motivazioni si potrà eventualmente modificarlo.
A differenza dei metodi classici dove il cane deve eseguire degli ordini e se non ubbidisce si ricorre anche alla forza, in questa nuova ottica al cane vengono solo fatte delle “richieste” che potranno poi venire o meno gratificate. Si può obiettare che i metodi classici siano più veloci e in parte questo è vero, ma la relazione che si instaura con questo tipo di approccio sarà sempre basata più sulla paura di una punizione che non sul rispetto e la fiducia, mentre con l’approccio relazionale il cane resterà insieme a noi per il piacere di farlo, non per forza, e perchè ha piena fiducia in noi!